PROLOGO
Cari lettori, mi permetto di riportare la versione integrale di un articolo tratto dal quotidiano “Il Piccolo di Trieste” scritto agli inizi degli anni ottanta da un prestigioso giornalista, Alessandro Cappellini con la collaborazione di mio padre allora Barman presso l’ Hotel Ampezzo di Cortina. Avrei piacere che anche voi possiate commentare e dire la vostra impressione sui cambiamenti di mode ed abitudini di turisti e valligiani di questi ultimi venti – trent’ anni prendendo spunto da questo articolo che parla del cambiamento della vita mondana dal 1965 al 1980; voi come vedete la situazione turistica economico – sociale delle nostre valli dal 1980 ad oggi? Aspetto numerosi vostri commenti.
Grazie a tutti, Max Bassot
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Massimo e Caterina al bar dello Sporhotel Europa di Alleghe.
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Il Lago di Alleghe.
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Le Tofane montagne simbolo di Cortina.
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Alfredo barman dell’ Hotel Ampezzo di Cortina.
LA PERLA DELLE DOLOMITI NELLE CONFESSIONI DI UN BARMAN
Ma Cortina è sempre Cortina
Splendori, crisi e rinascite: tra mondanità e lo sport nulla cambia
NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE
Girare il mondo della montagna, nostra e altrui, e tornare a Cortina, condotti da un misterioso e pur conosciuto filo d’ Arianna. Un legame stretto, nato al primo incontro, un “coup d foudre” rimasto incontaminato negli anni, anzi rafforzato dalla scoperta di nuove virtù. Tante componenti, tutte unite indiscutibili: l’ incomparabile bellezza, sempre nuova, di questa valle, l’ inconfondibile e irripetibile magnificenza delle montagne che le fanno corona, e poi, e soprattutto, il clima, l’ atmosfera che si vive, che si respira in questo luogo. Un misto di aria cittadina e di folclore paesano (dei caratteristici e remoti paesi di montagna) uniti in un unico momento, ma ben distinti e godibili separatamente, volta a volta. Cortina, la vera Cortina è questa: è nata, si è fatta su presupposti di simpatia e nobiltà, e tale è rimasta fino ad oggi. Radici ben solide sulle quali sono passatele mode più differenti: le strade e gli alberghi di Cortina hanno visto il succedersi di più disparati tipi di turista. Ecco, la mutazione , se di essa si vuole parlare, è avvenuta in superficie: è cambiata l’ apparenza esterna, quella che la cittadina assume nei periodi di maggior lavoro, quella che viene data dall’ ospite stesso. Diversità che sono ben avvertite da coloro che conoscono e godono Cortina da anni, ma ancor più da coloro che vivono e vi lavorano stabilmente. Chi allora meglio di costoro può descrivere e disegnare quei cambiamenti? Parlare, un libero, spontaneo colloquio, con essi significa rivedere la vita di Cortina in questi ultimi lustri, lo splendore iniziale e le successive crisi e rinascita. Anzi vi è un personaggio che,forse più di ogni altro, si trova e si è trovato nella posizione migliore per osservare e capire i fatti nel loro svolgersi. Come le sequenze di un film. E’ il barman, spettatore ideale, qualche volta attore e partecipe, spesso involontario oggetto delle più strane e inattese confessioni. Alfredo conduce un bar di un noto albergo dal 1965, quindici anni molto importanti per Cortina, che abbracciano i momenti più felici e quelli un po’ tristi. In una di quelle serate che solo la montagna può dare, quando il freddo intenso, consiglia di godere il tepore di una casa, Alfredo, forse spinto dalla calda atmosfera di quel momento si è lasciato andare e ha cominciato a ricordare la sua non lunga ma intensissima vicenda Cortinese. Dal suo racconto, dalle sue parole, attraverso spezzoni di vita vissuta, è stato facile ricostruire un quadro sufficientemente completo di quel periodo. «Il frequentatore di cortina negli anni precedenti il ’70 – dice Alfredo – era squisitamente individualista, un personaggio che amava esibirsi facendo di ogni situazione, dalle piste per lo sci, ai bar di moda affollati soprattutto per l’ ora dell’ aperitivo serale, alle halls degli alberghi, ai «nights» altrettanti palcoscenici. I suoi orari, inoltre, erano del tutto differenti rispetto a quello di adesso. Lo sci cominciava molto tardi, verso mezzogiorno; era, in altre parole,un pretesto per incontrarsi ed organizzare il resto della giornata e soprattutto la sera. Tra una sciatina e l’ altra (non molto sport, comunque) durante le soste nei rifugi, il Caminetto, il Faloria, il Toulà, Pietofana, il Duca d’ Aosta ecc. si ponevano le basi delle future imprese, o meglio follie, notturne». Si trattava di un gruppo, quasi sempre le stesse persone, molto unito e anche molto esclusivo. Alla sera quel gruppo si divideva in tanti altri gruppi ognuno dei quali sceglieva un punto di partenza (un night, una villa); poi nel corso della notte si riformava e si scomponeva nuovamente, passando da un ritrovo all’ altro. «Un tour de force, un’ incessante scorribanda, che durava fino all’ alba. L’ Ampezzo era un punto di passaggio obbligato: il «nights» dell’ albergo, che allora si chiamava Sani in dapò (cioè: ci vediamo dopo, un nome significativo) e poi Bobino, assisteva molto spesso alla scena di chiusura. I nottambuli ne uscivano, alle cinque anche alle sei di mattina, per poi sciamare, sempre in rumorosa allegria, verso i rispettivi domicili, oppure per invadere lo stesso albergo pretendendo, già a quell’ ora, la prima colazione a scapito delle ire del portiere di notte». Ogni tanto, poi, c’ erano le grandi occasioni, le grandi feste: potrei ricordare quella clamorosa data dal conte Acquarone nel suo castello vicino a San Candido. Trasferimento generale. Un «jet set» composito, fatto di rappresentanti della vecchia guardia e di nuovi arrivati. In essa, a volte, personaggi di spicco come il conte Nuvoletti, l’ esteta per eccellenza, la principessa Ira, irrequieta quanto il suo più giovane fratello, poi cantanti come il Buongusto prima maniera, Renato Zero alle prime armi (un individuo bizzarro capace di mandare a monte per capriccio una serata di spettacolo già completamente organizzata), attori sulla cresta dell’ onda come Gassman, Chiari, Interlenghi ecc., sempre contornati da belle donne, sempre al volante di belle macchine. Erano presenti, ma con una presenza logicamente più discreta, alcuni uomini politici come Storti, Rumor ecc. Ha fatto un’ apparizione fugace lo stesso Cossiga, allora all’ inizio della sua carriera. In definitiva si trattava della ricerca della vacanza assoluta, pura, del divertimento più completo, totalmente liberato dai freni della cosiddetta vita normale». Poi la situazione ha cominciato a mutare progressivamente. Questi protagonisti, forse per noia, forse per l’ avvicinarsi dell’ epoca del turismo di massa, forse per l’ eccessiva e non sempre benevola curiosità altrui, ha iniziato un lento ma inevitabile ripiegamento. A poco a poco sono scomparsi, alla ricerca di luoghi più appartati e discreti. Indiretto segno di mutamenti sociali che stavano avvenendo nel Paese. Quell’ emigrazione ha rappresentato per Cortina un momento di crisi: alberghi chiusi o venduti e così via. Un periodo abbastanza breve, dal ’73 al ’75 circa. «E’ stato logico e automatico assuefarsi al nuovo tipo di turismo, quello della settimana bianca tutto compreso, delle folte comitive procurate dalle agenzie organizzate». «E’ stato altrettanto logico e automatico adeguarsi agli orari e alle abitudini di questi nuovi turisti: Oggi – assicura Alfredo – lo sci rappresenta la cosa più importante. Alle otto di mattina gli ospiti sono tutti già in piedi, e dopo una veloce colazione, via sulle piste fino alla chiusura degli impianti. Ovviamente una tale intensità di attività sportiva ha inferto un duro colpo alla vita notturna. I «nights» non esistono praticamente più. Oggi funzionano soltanto poche discoteche adatte soprattutto ai giovani e ai giovanissimi. In pratica Cortina notturna diventa deserta, si assopisce al termine dell’ ultimo spettacolo cinematografico. Orari ben precisi, quindi: gli stessi, quasi della città. Anche noi, cioè tutto l’ Ampezzo, si è adeguato: prima e seconda colazione, pranzo dalla tal ora alla tal ora: pressoché impossibili le eccezioni. In altre parole oggi sarebbe impensabile una follia come quella di una colazione improvvisata alle sei di mattina». Ormai si è fatto tardi, la serata è volata via, sull’ onda dei ricordi e la vena di Alfredo si è, almeno per questa volta, prosciugata. Attraverso le sue parole si è ricostruito uno spicchio di vita di Cortina, della Cortina mutata. Ma, come si diceva all’ inizio, è apparsa anche l’ immagine di un’ altra Cortina, quella vera, sempre uguale, conservata nel tempo, con le sue particolarissime qualità. Come detto un’ atmosfera che rivive, che si respira, di cui ne è efficace esempio lo stesso Ampezzo: se orari comportamenti sono mutati, resta sempre intatto il carattere di fondo, ovvero quello del concetto del tipo di ospitalità. La amicale disponibilità di Alfredo, la stessa severa cordialità della direzione, la simpatica eleganza del maitre di sala Ivo, la dirompente esuberante cordialità del sommelier Franco (un raro esempio di napoletano di montagna) sono tutte componenti, tutte espressioni che sgorgano dalla medesima fonte: lo stile di Cortina. E’ per questo che il ritorno della «perla delle Dolomiti» rappresenta ogni volta un delicato piacere sempre antico e sempre nuovo.
Alessandro Cappellini
EPILOGO
Non è mia intenzione dilungarmi troppo, per lasciare spazio anche alle vostre impressioni, comunque due paroline sull’ evolversi dello sviluppo turistico, non solo di Cortina ma anche delle vallate limitrofe, ve lo volevo dire. In un certo qual modo mio padre mi ha passato il testimone; infatti agli inizi degli anni ’80 lui aveva già raggiunto l’ apice della sua carriera alberghiera e da lì a qualche anno si ritirava ormai dalla sua stimata professione di barman, introducendo me di buon grado nell’ambiente del turismo cortinese. Ho svolto fino al 1992 la professione di portiere d’ albergo, facendo però, come si suol dire, prima la gavetta in diversi hotel di Cortina occupandomi poi in un secondo momento anche di bar. Papà come spiegava nell’articolo di Alessandro Cappellini, ha previsto l’ evolversi del turismo non solo a Cortina ma in tutte le Dolomiti, dal turismo di elite a turismo di massa. Il tipo di clientela si è man mano uniformato con il passare degli anni, ho notato ancor di più questo cambiamento quando mi sono spostato nell’alto agordino lavorando assieme a mia moglie Caterina in un noto albergo di Alleghe come barista e portiere di notte. Le previsioni di mio padre erano esatte: anno per anno gli ospiti consumavano sempre meno al bar e rientravano sempre prima in hotel. Senza essere venali, anche le soddisfazioni che un cliente poteva darti dal punto di vista mance andavano via via scemando, nonostante questo io e mia moglie abbiamo sempre cercato di dare il massimo venendo incontro alle esigenze della nostra clientela; anzi essendoci meno lavoro si aveva più tempo per curare il cliente. Ora mia moglie si occupa della famiglia ed io continuo a lavorare nello stesso albergo, nonostante la clientela molto diversa da un tempo, con grande entusiasmo; molti ospiti sono dei paesi dell’ est con abitudini diverse dalla nostra esigente clientela italiana, ma ci si adegua, nel mio lavoro bisogna avere la mente aperta a qualsiasi tipo di cultura. Vi lascio con una mia opinione molto personale: noi residenti ed abitanti delle Dolomiti dobbiamo continuare a mantenere questa grandissima risorsa che si chiama turismo e far conoscere al mondo intero le magnifiche bellezze dei nostri monti e delle nostre vallate; bisogna si essere professionali nell’ ambiente alberghiero, ma per fare turismo non occorre solamente saper eseguire un cocktail alla perfezione o parlare correttamente quattro lingue ci vuole molto di più….. la passione con la “P” maiuscola. Ciao a tutti
Max Bassot